sabato 5 luglio 2008

Il regime fiscale dei redditi dei co.co.pro. non residenti

Come si tassano i redditi corrisposti da un soggetto italiano nei confronti di un collaboratore coordinato e continuativo non residente in Italia?

Le norme italiane
Prima di tutto va detto che i redditi di collaborazione coordinata e continuativa costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lettera c-bis) del Tuir.
Per quanto riguarda le modalità di tassazione, mentre in via generale l’art. 3 del Tuir stabilisce che i redditi prodotti in Italia dai non residenti devono essere tassati in Italia, l’art. 23, comma 2 del Tuir stabilisce un’eccezione per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa svolti da soggetti non residenti, i cui redditi si considerano prodotti (e quindi vanno tassati) in Italia se vengono corrisposti dallo Stato italiano, da un soggetto residente in Italia o da una stabile organizzazione nel territorio italiano. In pratica, in riferimento ai redditi di collaborazione coordinata e continuativa corrisposti a soggetti non residenti, per verificare se sono tassabili in Italia bisogna fare attenzione non al luogo di produzione del reddito, come avviene nella generalità dei casi, bensì alla residenza del soggetto erogante: a mo’ di esempio, se per una prestazione svolta in Italia un soggetto non residente eroga un compenso di collaborazione coordinata e continuativa ad un soggetto anch’esso non residente, questo reddito non verrà tassato in Italia.

Le convenzioni internazionali
Siccome stiamo parlando di soggetti che hanno la residenza fuori dall’Italia, le regole italiane di tassazione appena esposte vanno confrontate con le disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, che hanno lo scopo di risolvere, attraverso un sistema uniforme di regole e di criteri, i problemi connessi alla contemporanea applicazione, da parte di due o più Stati, di imposte comparabili sul medesimo contribuente e sul medesimo reddito.
In campo internazionale la collaborazione coordinata e continuativa non esiste, essendo una forma contrattuale tipica italiana. Ma poiché l’art. 3, paragrafo 2 del modello di convenzione Ocse (Organizzazione europea per la collaborazione e lo sviluppo) assegna ai termini non definiti il significato attribuito ai fini fiscali dal Paese a cui la convenzione si applica, si ritiene corretto rifarsi all’art. 15 del modello Ocse, che riguarda i redditi di lavoro dipendente, visto che la legislazione fiscale italiana assimila i redditi di collaborazione coordinata e continuativa a quelli di lavoro dipendente.

Le possibili soluzioni
Dato un reddito corrisposto da un committente residente ad un collaboratore coordinato e continuativo non residente:

- in assenza di una convenzione internazionale contro le doppie imposizioni, ovunque la prestazione si svolga (in Italia o all’estero) il reddito prodotto è sempre imponibile in Italia e il committente deve effettuare al momento del pagamento una ritenuta a titolo di imposta del 30%;

- in presenza di una convenzione internazionale contro le doppie imposizioni strutturata secondo l’art. 15 dello schema Ocse, se la prestazione è svolta in Italia il reddito prodotto è comunque imponibile in Italia e il committente deve effettuare al momento del pagamento una ritenuta a titolo di imposta del 30%; se invece la prestazione è svolta all’estero, il reddito prodotto non è imponibile in Italia.

Il regime contributivo
Qualora venga tassato in Italia, il compenso ricevuto per la collaborazione coordinata e continuativa deve essere assoggettato anche a contributi (circolare Inps n. 164 del 21 dicembre 2004).

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