Quando una voce della busta paga può cambiare funzione
La busta paga è il prospetto che il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore al momento del pagamento della retribuzione, e si compone dei dati anagrafici del datore di lavoro e del lavoratore, degli elementi retributivi (chiamati anche "voci") previsti dalla contrattazione collettiva e da quella individuale e delle trattenute di carattere previdenziale e fiscale. La somma algebrica di tutti questi elementi determina la retribuzione netta da erogare al lavoratore per ogni periodo di paga.
La Sezione Lavoro della Corte di cassazione ha stabilito, con sentenza n. 22050 dello scorso 13 ottobre, la possibilità che una singola voce, col passare del tempo, cambi natura e assuma una funzione diversa da quella per la quale era stata originata.
Il caso in questione riguarda un'azienda che ha deciso di punto in bianco di non riconoscere più ad alcuni suoi dipendenti aventi mansioni di caporeparto un particolare emolumento, espresso con la voce "compenso forfetario per eventuale straordinario", dopo che per circa vent'anni tale emolumento non solo è stato regolarmente corrisposto, ma addirittura entrava nel calcolo delle mensilità aggiuntive. Scontenti della decisione e passati per vie legali, i dipendenti hanno ottenuto soddisfazione sia in primo sia in secondo grado: da un lato il Tribunale ha ritenuto che il compenso forfetario costituisse in realtà un superminimo, dall'altro la Corte d'Appello ha evidenziato come il Ccnl di riferimento non riconoscesse lo straordinario ai capireparto, con ciò confermando l'inclusione dell'emolumento a forfait nella retribuzione ordinaria.
L'azienda si è così rivolta, in ultima istanza, alla Corte di cassazione. Vanamente però, perchè i giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso sulla base della seguente considerazione: il contenuto di un qualsiasi rapporto negoziale a tempo indeterminato (quindi non solo di lavoro) che si prolunga per molto tempo è costituito non solo dalle sue pattuizioni originarie, ma anche da quelle successive, e perciò può accadere che un emolumento originariamente predisposto per una determinata funzione assuma, col passare del tempo, una funzione diversa.
La Sezione Lavoro della Corte di cassazione ha stabilito, con sentenza n. 22050 dello scorso 13 ottobre, la possibilità che una singola voce, col passare del tempo, cambi natura e assuma una funzione diversa da quella per la quale era stata originata.
Il caso in questione riguarda un'azienda che ha deciso di punto in bianco di non riconoscere più ad alcuni suoi dipendenti aventi mansioni di caporeparto un particolare emolumento, espresso con la voce "compenso forfetario per eventuale straordinario", dopo che per circa vent'anni tale emolumento non solo è stato regolarmente corrisposto, ma addirittura entrava nel calcolo delle mensilità aggiuntive. Scontenti della decisione e passati per vie legali, i dipendenti hanno ottenuto soddisfazione sia in primo sia in secondo grado: da un lato il Tribunale ha ritenuto che il compenso forfetario costituisse in realtà un superminimo, dall'altro la Corte d'Appello ha evidenziato come il Ccnl di riferimento non riconoscesse lo straordinario ai capireparto, con ciò confermando l'inclusione dell'emolumento a forfait nella retribuzione ordinaria.
L'azienda si è così rivolta, in ultima istanza, alla Corte di cassazione. Vanamente però, perchè i giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso sulla base della seguente considerazione: il contenuto di un qualsiasi rapporto negoziale a tempo indeterminato (quindi non solo di lavoro) che si prolunga per molto tempo è costituito non solo dalle sue pattuizioni originarie, ma anche da quelle successive, e perciò può accadere che un emolumento originariamente predisposto per una determinata funzione assuma, col passare del tempo, una funzione diversa.
Nessun commento:
Posta un commento