Il praticante legale non ha diritto al compenso
I praticanti avvocati non hanno diritto al compenso per il lavoro che prestano nel compimento di atti processuali o di attività esterne al processo, ma pur sempre legate alla difesa e rappresentanza in giudizio.
La seconda sezione civile della Corte di cassazione ha infatti pronunciato una sentenza (n. 3740 del 2007) con la quale ha ritenuto nullo un incarico professionale svolto da un dottore in legge non ancora iscritto all'Albo degli avvocati.
Nel caso di specie, un giovane praticante legale ha chiesto a una società il pagamento di una somma per aver studiato e redatto tutti gli atti relativi a una causa, la quale è stata poi promossa in giudizio da un avvocato abilitato.
I giudici della Cassazione hanno stabilito la nullità del contratto stipulato tra società e praticante per contrasto con l'art. 2231 c.c., il quale al primo comma stabilisce che "quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione".
La seconda sezione civile della Corte di cassazione ha infatti pronunciato una sentenza (n. 3740 del 2007) con la quale ha ritenuto nullo un incarico professionale svolto da un dottore in legge non ancora iscritto all'Albo degli avvocati.
Nel caso di specie, un giovane praticante legale ha chiesto a una società il pagamento di una somma per aver studiato e redatto tutti gli atti relativi a una causa, la quale è stata poi promossa in giudizio da un avvocato abilitato.
I giudici della Cassazione hanno stabilito la nullità del contratto stipulato tra società e praticante per contrasto con l'art. 2231 c.c., il quale al primo comma stabilisce che "quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione".
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