martedì 3 aprile 2007

Breve storia della previdenza complementare in Italia

Agli inizi degli anni Novanta l'Italia, dopo decenni di sprechi e occasioni mancate e con davanti lo spettro della bancarotta, decide finalmente di mettere mano al sistema previdenziale.

Il primo provvedimento che viene emanato è la legge 421/92, la cui finalità è quella di stabilizzare il rapporto tra spesa previdenziale e prodotto interno lordo attraverso alcuni decreti attuativi, i più importanti dei quali sono il Dlgs 503/92, che eleva l’età pensionabile da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 anni per gli uomini, e il Dlgs 124/93, che introduce per la prima volta in Italia i concetti di previdenza complementare e fondi pensione.

Nel '95 arriva la cosiddetta "riforma Dini" (legge 335/95), che determina il passaggio da un sistema di calcolo delle pensioni di tipo retributivo (basato sulla media delle retribuzioni degli ultimi dieci anni lavorativi) ad un sistema contributivo (basato sull'ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa); questa legge rende inoltre flessibile l'età pensionabile e cerca (senza però riuscirci) di far decollare i fondi pensione.

Passano due anni e nel '97 vengono emanati altri due provvedimenti: la legge 449/97, che innalza l'età per conseguire la pensione di anzianità, e il decreto 211/97, che istituisce i nuovi fondi pensione.

Il nuovo millennio regala all'Italia la riforma che cercava: la legge 243/04 stabilisce le linee direttive del successivo Dlgs 252/05, che promuove l'ampliamento delle adesioni e l'aumento del finanziamento delle forme pensionistiche complementari mediante il conferimento del Tfr.

Il Dlgs 252/05 sarebbe dovuto entrare in vigore solo dal 2008, ma l'attuale Governo, con un inatteso scatto d'anticipo, vuole anticipare di un anno la riforma: attraverso il comma 749 dell'unico articolo che compone la Finanziaria 2007 (legge 296/06) si decide così di iniziare dal 1° gennaio 2007 quest'ultimo tentativo di decollo della previdenza complementare.

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