La disciplina fiscale del lavoratore distaccato all'estero
Il comma 2 dell'art. 2 del Tuir considera una persona residente in Italia, ai fini delle imposte sui redditi, se per la maggior parte del periodo d’imposta è iscritta all'anagrafe della popolazione residente o ha, nel territorio italiano, il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (art. 2, comma 2, del Tuir).
Il comma 8 bis dell'art. 51 del Tuir, poi, stabilisce che, in deroga ai criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente, il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendente che nell'arco di 12 mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del ministero del Lavoro (e determinate in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai Ccnl dei vari settori di produzione).
Un lavoratore dipendente che è residente in Italia ma che svolge un'attività lavorativa all'estero, dunque, pagherà le tasse per l'attività svolta all'estero non sulla base dei compensi per questa ricevuti, bensì sulla base di una retribuzione forfetaria individuata ogni anno con decreto ministeriale.
L'agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta per chiarire l'ambito di applicazione della disciplina fiscale di cui all'art. 51, comma 8 bis, del Tuir. Con la risoluzione n. 245/E dell'11 settembre 2007 è stata data risposta ad un'azienda che voleva conoscere la disciplina fiscale applicabile agli emolumenti percepiti da un proprio dipendente, fiscalmente residente in Italia, a fronte dell'attività lavorativa esercitata dallo stesso presso la Commissione Europea in qualità di esperto nazionale distaccato.
L'agenzia delle Entrate ha osservato che nel caso di specie ricorrevano tutti i presupposti per l'applicazione del regime convenzionale, ossia:
- il requisito della continuità: l'attività lavorativa si è svolta all'estero per un determinato periodo di tempo con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
- il requisito dell'esclusività: l'attività lavorativa si è svolta all'estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
Il comma 8 bis dell'art. 51 del Tuir, poi, stabilisce che, in deroga ai criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente, il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendente che nell'arco di 12 mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del ministero del Lavoro (e determinate in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai Ccnl dei vari settori di produzione).
Un lavoratore dipendente che è residente in Italia ma che svolge un'attività lavorativa all'estero, dunque, pagherà le tasse per l'attività svolta all'estero non sulla base dei compensi per questa ricevuti, bensì sulla base di una retribuzione forfetaria individuata ogni anno con decreto ministeriale.
L'agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta per chiarire l'ambito di applicazione della disciplina fiscale di cui all'art. 51, comma 8 bis, del Tuir. Con la risoluzione n. 245/E dell'11 settembre 2007 è stata data risposta ad un'azienda che voleva conoscere la disciplina fiscale applicabile agli emolumenti percepiti da un proprio dipendente, fiscalmente residente in Italia, a fronte dell'attività lavorativa esercitata dallo stesso presso la Commissione Europea in qualità di esperto nazionale distaccato.
L'agenzia delle Entrate ha osservato che nel caso di specie ricorrevano tutti i presupposti per l'applicazione del regime convenzionale, ossia:
- il requisito della continuità: l'attività lavorativa si è svolta all'estero per un determinato periodo di tempo con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
- il requisito dell'esclusività: l'attività lavorativa si è svolta all'estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
- il requisito temporale: l'attività lavorativa ha determinato il soggiorno all'estero del dipendente per un periodo superiore a 183 giorni.
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