Il tratto caratteristico della figura del dirigente
Che cosa distingue la figura del dirigente d'azienda da quella dell'impiegato con funzioni direttive? A questa domanda ha risposto l'11 luglio scorso la Corte di cassazione nella sentenza n. 15489, dovendo decidere sul ricorso presentato da un impiegato che chiedeva il riconoscimento della qualifica di dirigente per le mansioni superiori svolte per un determinato periodo di tempo.
In realtà il dipendente aveva portato l'azienda in giudizio non limitandosi all'accertamento del diritto ad ottenere la qualifica superiore, ma chiedendone anche la condanna al pagamento delle differenze retributive e il risarcimento dei danni derivanti dalla dequalificazione professionale.
Purtroppo per il lavoratore le cose hanno preso fin da subito una brutta piega e poi col tempo non sono affatto migliorate. Risultato: sia i giudici di primo sia quelli di secondo grado hanno rigettato il suo ricorso, non riconoscendogli il diritto alla qualifica pretesa.
Sconfitto due volte, il lavoratore ha optato per il ricorso in Cassazione. Ma, come si dice, non c'è due senza tre: anche i giudici della Suprema Corte hanno respinto la domanda, confermando la sentenza dei giudici di merito sulla base del fatto che, secondo un orientamento ormai consolidato in materia di mansioni di tipo dirigenziale, il tratto caratterizzante della figura del dirigente è rappresentato dall'esercizio di un potere ampiamente discrezionale che incide sull'andamento dell'intera azienda o che riguarda un suo autonomo settore produttivo.
Come tale, la figura del dirigente d'azienda si distingue dall'impiegato con funzioni direttive perché ha una tale autonomia e una tale discrezionalità nelle scelte decisionali che la sua attività finisce per influenzare gli obiettivi complessivi dell'imprenditore.
Nel caso di specie, la Corte di cassazione non ha rilevato errori procedurali da parte dei giudici di merito nell'inquadrare il ricorrente nella categoria contrattuale dei dipendenti anziché in quella dei dirigenti.
Nel caso di specie, la Corte di cassazione non ha rilevato errori procedurali da parte dei giudici di merito nell'inquadrare il ricorrente nella categoria contrattuale dei dipendenti anziché in quella dei dirigenti.
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