La disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato
Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato a cui, per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, è stato apposto un termine che va inserito nel documento contrattuale; se però la durata del rapporto non supera i 12 giorni, la forma scritta del contratto e del termine non è necessaria.
Il Dlgs 368/01 che disciplina questa tipologia contrattuale stabilisce la sua durata massima in 3 anni, compresa la proroga (ammessa una volta soltanto e per la stessa attività del contratto originario, se sussistono ragioni oggettive).
Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine (iniziale o prorogato), il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al:
- 20%, fino al decimo giorno successivo;
- 40%, per ciascun giorno ulteriore.
Se il rapporto di lavoro prosegue ancora, il contratto si considera stipulato a tempo indeterminato se supera:
- il 20esimo giorno, in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi;
- il 30esimo giorno, in caso di contratto di durata uguale o superiore a 6 mesi.
Qualora il datore di lavoro riassuma il lavoratore sempre a termine, questo secondo contratto si considera a tempo indeterminato se viene stipulato:
- entro 10 giorni dalla scadenza del primo contratto di durata fino a 6 mesi;
- entro 20 giorni dalla scadenza del primo contratto di durata superiore a 6 mesi.
Se si verificano due assunzioni a termine successive, cioè senza soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.
In base al principio di non discriminazione, al lavoratore a termine spettano le ferie, la 13esima mensilità, il Tfr e ogni altro trattamento previsto per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, a meno che non sussistano incompatibilità con la natura del contratto a termine.
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