Che cosa rischia il lavoratore sorpreso fuori casa durante la visita fiscale?
Tra i doveri del dipendente in malattia c'è quello di rendersi reperibile al proprio domicilio, tra le 10 e le 12 e tra le 17 e le 19, per eventuali controlli da parte del medico fiscale. Se a seguito di una visita fiscale il medico non trova in casa il lavoratore, nei confronti di quest'ultimo il datore di lavoro può prendere dei provvedimenti sanzionatori. Ma fino a che punto può spingersi?
Negli ultimi anni i giudici della Corte di cassazione hanno valutato questa assenza seguendo fondamentalmente due linee di condotta, una rigorosa e l'altra più permissiva:
- la linea rigorosa insiste sull'onere di reperibilità che grava sul lavoratore in base a un dovere di cooperazione con l'azienda, per cui un eventuale allontanamento del lavoratore dal suo domicilio nelle ore di reperibilità sarebbe giustificato solamente nell'ipotesi di necessità, assoluta e indifferibile, oppure in caso di forza maggiore (sentenza n. 27429 del 2005);
- la linea più morbida considera che l'assenza alla visita di controllo può essere giustificata da ogni ragione, purché valida, seria e socialmente apprezzabile, come ad esempio la necessità di seguire un ciclo di cure o di eseguire visite specialistiche (sentenza n. 8012 del 2006).
Sul tema, l'ultima sentenza in ordine di tempo ha visto soccombere un dipendente, al quale i giudici della Cassazione hanno confermato il licenziamento per giusta causa disposto dall'azienda per essersi sottratto alla visita medica di controllo. "La reperibilità del lavoratore ammalato - ha dichiarato la Sezione lavoro nella sentenza n. 6618 del 2007 - nel domicilio durante le prestabilite ore della giornata costituisce un onere all'interno del rapporto assicurativo con l'ente previdenziale e un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, la cui violazione assume rilievo disciplinare all'interno del rapporto stesso, salva la prova, da parte del lavoratore, dell'esistenza di un ragionevole impedimento all'osservanza del comportamento dovuto". Richieste spiegazioni della sua assenza, il lavoratore aveva dichiarato di aver accompagnato la nonna in ospedale: giustificazione non provata nè rilevante.
Negli ultimi anni i giudici della Corte di cassazione hanno valutato questa assenza seguendo fondamentalmente due linee di condotta, una rigorosa e l'altra più permissiva:
- la linea rigorosa insiste sull'onere di reperibilità che grava sul lavoratore in base a un dovere di cooperazione con l'azienda, per cui un eventuale allontanamento del lavoratore dal suo domicilio nelle ore di reperibilità sarebbe giustificato solamente nell'ipotesi di necessità, assoluta e indifferibile, oppure in caso di forza maggiore (sentenza n. 27429 del 2005);
- la linea più morbida considera che l'assenza alla visita di controllo può essere giustificata da ogni ragione, purché valida, seria e socialmente apprezzabile, come ad esempio la necessità di seguire un ciclo di cure o di eseguire visite specialistiche (sentenza n. 8012 del 2006).
Sul tema, l'ultima sentenza in ordine di tempo ha visto soccombere un dipendente, al quale i giudici della Cassazione hanno confermato il licenziamento per giusta causa disposto dall'azienda per essersi sottratto alla visita medica di controllo. "La reperibilità del lavoratore ammalato - ha dichiarato la Sezione lavoro nella sentenza n. 6618 del 2007 - nel domicilio durante le prestabilite ore della giornata costituisce un onere all'interno del rapporto assicurativo con l'ente previdenziale e un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, la cui violazione assume rilievo disciplinare all'interno del rapporto stesso, salva la prova, da parte del lavoratore, dell'esistenza di un ragionevole impedimento all'osservanza del comportamento dovuto". Richieste spiegazioni della sua assenza, il lavoratore aveva dichiarato di aver accompagnato la nonna in ospedale: giustificazione non provata nè rilevante.
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